Il Peststöcklein di Collepietra, in Val d’Ega (BZ)
Il Peststöcklein si trova a circa 2 km sulla vecchia strada da Collepietra-Steinegg a Bolzano. Capitello a tabernacolo, con un tetto di scandole, costruito in occasione di una delle tante pestilenze che colpirono la valle, porta delle raffigurazioni su tre lati: la Crocifissione, l’Annunciazione con un vescovo, San Cristoforo. Eretto nel secondo quarto del XV secolo, indica la fiducia che gli abitanti della Val d’Ega riponevano nell’intercessione di san Cristoforo contro la peste, ma anche come protettore dei viaggiatori.
Guardando bene l’iconografia, però, possiamo notare qualcosa di peculiare. Ma andiamo con ordine.
Il san Cristoforo germanico
La raffigurazione ha (quasi) tutte le caratteristiche del san Cristoforo germanico. Il santo aureolato ha lunghi capelli e barba. Il suo sguardo è rivolto verso il Bambino sulle sue spalle. Indossa un elegantissimo mantello color porpora con decori floreali dello stesso colore della veste. La bisaccia, se c’è, potrebbe essere nascosta sotto al mantello. Si appoggia ad un ramo con tre grandi radici e fiorito: non è una palma, ma un albero forse da frutto, messo in relazione con la flora locale, visto che altri rami fioriti sono presenti sulle rocce a picco sull’Ega che circondano il santo sia a destra sia a sinistra (e chi ha percorso la val d’Ega prima della costruzione delle galleria sa che cosa significava salire fra le rocce strette accanto al torrente). Nel torrente che attraversa è presente un’abbondante fauna fluviale.
Il Bambino, stranamente, indossa solo una vestina (senza l’ampio mantello che di norma lo avvolge), mentre è solito il gesto di prendere nella mano destra un ciuffo di capelli del santo. Con la mano sinistra tiene il globo del mondo, sormontato da una croce. Guarda verso di noi, sorridendoci.
Un mugnaio, l’asino e il sacco di grano
La raffigurazione ha una particolarità: un altro personaggio è presente sulla riva, ma non è il solito eremita che è spesso raffigurato nel san Cristoforo germanico. Non indossa, infatti, né il saio né alcuna veste talare, ma un abito da viaggio con un cappello. Soprattutto, dirige con un bastone sulla montagna il suo asino da soma, che trasporta un grosso sacco bianco verso l’edificio sulla riva del fiume: non è la capanna in cui si ferma san Cristoforo a dormire, secondo il racconto della Leggenda Aurea, ma un mulino, come testimonia la grande ruota appoggiata alla parete esterna.
La scenetta di vita quotidiana testimonia il patronato di san Cristoforo su tutti gli uomini di fatica che devono spostare carichi.
L’incisione di Buxheim era giunta fino in Val d’Ega?
Per lo stesso motivo, su una famosa incisione a bulino trovata nel convento di Buxheim, del 1423, compare, alla sinistra del santo in primo piano, la stessa scenetta. Un uomo conduce un asino con un sacco bianco al mulino.
E mi viene il sospetto che l’ignoto autore del capitello di Collepietra abbia visto l’incisione prima di ambientare la scena nella Val d’Ega. Potrebbe essere oppure no. Fatto sta che san Cristoforo è anche il patrono di facchini, traportatori e uomini di fatica. E forse anche dei mugnai.
San Cristoforo e il grano: il nuovo dio Lugh
Stefano Borsi mette in evidenza, nel suo lavoro su San Cristoforo, quanto in area celtico-ligure, la memoria liturgica del santo (festeggiata il 25 luglio) mantenga delle caratteristiche legate alle feste pagane celtiche di dio Lugh. Durante queste feste si compiono riti di legati al raccolto cerealicolo: sono riti di morte e rigenerazione, finalizzati alla celebrazione del raccolto, ma anche all’accantonamento delle sementi per l’anno seguente. Stefano Borsi così commenta: ‘il traghettare il fanciullo al di là del fiume vorticoso esprime questo retaggio e riflette queste problematiche: il fanciullo, risulta chiaro, sarà il nuovo raccolto, il futuro assicurato. […]: nella religione latina l’epiteto frugifer è sovente attribuito a Plutone, dio degli inferi e dell’inverno‘ Che la raffigurazione del mulino sia un richiamo ancora una volta a quegli dei che il santo pagano avrebbe sostituito?
A questo aspetto si collegherebbe anche l’usanza milanese antica di donare dei pani in occasione della memoria liturgica del santo.
San Cristòbal e la macina da mulino
Mentre chiudo l’articolo, mi viene in mente un’altra suggestione. Nell’iconografia spagnola, molto antica, il santo è raffigurato con una macina al braccio: per indicare la sua forza, certo. Ma perché scegliere proprio una macina di mulino?
Tutte queste suggestioni… Più vado avanti nello studio del santo, più si aprono nuove strade, tutte affascinanti.
Bibliografia
- pagine Suedtirol.info e portal.todo-suedtirol.com, suedtirol-sueden.info
- Stefano Borsi, Storia di san Cristoforo – Origini e diffusione di un culto tra mito e realtà, 2017