1934, Trento: un san Cristoforo italiano
3 novembre 1918: l’Esercito italiano entra a Trento, fra la gioia di tutti (per la fine della guerra) e l’insoddisfazione di molti (che desideravano certamente maggior tutela dell’italianità e autonomia dall’Impero Austro Ungarico, ma non tutti l’annessione al Regno di Italia). La città porta i segni di un rapporto continuo con il modo germanico, sempre presente nella sua storia e ovviamente preponderante in tutto l’Ottocento e il Novecento. Questi segni risultano sempre più sgraditi in tempi di Regime: bisogna che nella città vengano profusi segni di italianità. Dunque, viene proposto un piano urbanistico per la città: edifici storici vengono ovviamente mantenuti e tutelati. Altri cadono e vengono ricostruiti in chiave moderna. Particolare la vicenda del Palazzo delle poste che ci interessa per la statua di san Cristoforo presente in facciata.
Il Palazzo a Prato e il Concilio di Trento
Nel rinascimentale Palazzo dei baroni a Prato signori di Segonzano, erano stati ospitati dei vesconi nel corso del Concilio di Trento e si era svolta addirittura una sessione all’interno delle sue sale.
Uno zuccherificio in pieno centro di Trento
Ma poi passò il tempo, il palazzo andò in decadenza e nel 1830 fu trasformato in una raffineria di zucchero (che provocò parecchie proteste fra gli abitanti della zona per le sue esalazioni). A causa di materiali contenuti nella fabbrica, scoppiò un incendio che distrusse il palazzo il 13 dicembre 1845. I locali sopravvissuti ebbero diversi riutilizzi fino al 1890.
Trento e il suo Palazzo delle Poste (austroungarico)
Nel 1889 l’austriaco Friedrich Setz progettò il palazzo delle Poste imperial-regie in rigoroso stile austro-ungarico. Proprio verso la fine dell’Ottocento, il servizio postale aveva avuto un grande impulso e l’architetto Friedriech Setz si dedicò alla costruzione di molti Palazzi delle poste, molti anche nella regione più meridionale dell’Impero: sorsero palazzi delle poste anche a Trento, a Bolzano e a Trieste.

Il fascismo e il nuovo Palazzo delle Poste (tra Mazzoni e Futuristi)
Con l’avvento del fascismo, iniziò anche un progetto urbanistico di rinnovamento della città, non solo per ammodernarla, ma anche a fini ideologici. Il Palazzo delle Poste, in particolare, era di recentissima costruzione, ma pareva troppo austriaco. Nel 1929 venne dunque demolito; il famosissimo architetto Mazzoni si diede alla riprogettazione del palazzo, con pietre locali e intonaco azzurro, il colore sabaudo, conservando i pochi resti del Palazzo a Prato (un portone ed una trifora). Nella costruzione, coinvolse, tra l’altro, importanti artisti futuristi: Tato, Depero e Trampolini crearono grandi vetrate, mentre Bonazza dedicò un affresco alla storia di Trento. Sulla facciata venne posta una statua di san Cristoforo, patrono dei postelegrafisti. Venne inaugurato nel 1934.
Un Palazzo delle Poste libico a Trento?
Il palazzo non piacque, tra l’altro perché poco integrato con gli altri palazzi. Così nacque la leggenda che da Roma avessero mandato il progetto sbagliato: era il progetto del palazzo delle poste di Tripoli, ma qualcuno confuse Tripoli con Trento, data la vicinanza delle due parole nell’ordine alfabetico.

Un san Cristoforo italiano a Trento
La realizzazione della statua di san Cristoforo posta sull’angolo del palazzo fu affidata a Stefano Zuech, artista attivo in Trentino fra gli anni Venti e gli anni Sessanta, importante per aver suscitato ‘nuove forme di bellezza e religiosità’ all’interno dell’arte cristiana.
Sullo spigolo che guarda Piazza Alessandro Vittoria e Via Calepina, un S. Cristoforo di bianco Carrara, del prof. Stefano Zuech, ci dà un’opera amorosamente rifinita, in cui l’accademismo proprio dell’artista viene opportunamente corretto con forme di moderna ispirazione, creando un tutto armonioso, se non perfetto. Nuoce alla statua l’incombente baldacchino azzurro che quasi la schiaccia e dal quale il Santo sembra volersi liberare per aver più respiro
Sono le parole con cui Carlo Guido Stofella introduce l’opera su un giornale dell’epoca.


Affaticato, San Cristoforo procede appoggiandosi ad un pesante bastone e tenendosi il fianco con la muscoloso braccio sinistro piegato; la sua robusta corporatura è messa in evidenza dalla vestina che indossa. Il Bambino, nudo, sta comodamente appoggiato sulla sua spalla sinistra; guarda verso il basso il santo e benedice i passanti (si trova sull’angolo della facciata del palazzo).
Il san Cristoforo, dunque, pare piuttosto tradizionale, in quel suo sguardo intenso rivolto verso il Bambino e nella fatica dell’attraversamento. Elemento piuttosto originale è solo il bastone non fiorito, che forse sottolinea maggiormente lo sforzo del santo (come possibile vedere negli altri san Cristoforo contemporanei di fronte ai Palazzi delle Poste, come a Bergamo e a Palermo)
San Cristoforo di Zuech fra Merano e la Val di Non
Non è questo l’unico san Cristoforo di Zuech. Nel 1936 scolpisce, infatti anche un bassorilievo in bronzo per il capitello di San Cristoforo eretto a San Felix, lungo la nuova strada delle Palade.
Ne abbiamo già parlato qui:

Bibliografia
- pagina Wikipedia; fondoambiente.it; Trentino History
- un (desolante) video sul Palazzo delle Poste oggi e due post sul progetto di riqualificazione (1 e 2)
- Roberto Pancheri, Il volto segreto della bellezza. Stefano Zuech e l’arte sacra, Rovereto, 2016
- Visintin, Maurizio, a c. di. La strada del Passo delle Palade: storia, paesaggio, arte e cultura. Bolzano: Athesia Verlag, 2015.