San Rocco, una chiesa con due anime

A Coarezza, cittadina in una boscosa ansa del Ticino, in provincia di Varese, c’è una chiesetta, sulla strada che porta al cimitero. Dedicata a san Rocco, costruita nel 1535, fu probabilmente utilizzata come lazzaretto durante la peste.

Appena si entra, si rimane colpiti dal fatto che la chiesetta è come divisa in due parti, quasi avesse due anime diverse che non solo non la rendono contradditoria, anzi ne esaltano l’unicità. Ma prima di tutto, lasciatemi ringraziare la signora Emma, che è venuta apposta ad aprirmi la chiesa e me ne ha parlato con passione e amore.

La chiesa è a navata unica. L’ampio spazio iniziale (decorato da murales contemporanei) fa pensare ad un ampliamento di una cappella campestre. La chiesa termina con un’abside affrescata nel XVI secolo.

San Rocco fino al 1980: santi contro la peste

Nel 1532, Giuseppe de Pigociis, pittore varesino, ha affrescato la Madonna con Bambino fra San Rocco e san Cristoforo. Sul catino absidale, invece, sono raffigurati i padri della chiesa.

Madonna con san Rocco e Cristoforo -
Madonna con san Rocco e Cristoforo – Giuseppe de Pigociiis, 1532 – Chiesa di san Rocco – Coarezza )VA)

Il nostro san Cristoforo è raffigurato con una gonnella gialla, fermata e rimborsata in vita: si intravedono le maniche rivoltate della maglieria intima. Avvolge la sua figura un ampio mantello rosso (il colore dominante l’affresco insieme all’oro e al verde del mantellino di san Rocco e del paesaggio in cui i santi sono immersi). Lo sguardo del santo è piuttosto corrucciato: ha capelli lunghi, barba e baffi rossicci. Si tiene ad un lunghissimo bastone fiorito a palme. Una parte dell’altare gli copre i piedi; sembra che si trovi in mezzo ad un prato. Il pittore ha tentato, in modo piuttosto maldestro, di mostrarne il movimento, attraverso la posizione delle ginocchia e l’inarcatura della schiena (che serve anche a rappresentare la sua statura gigantesca, più grande non solo della Madonna, ma anche di san Rocco). Sullo sfondo una montagna.

san Cristoforo (perticolare)
San Cristoforo – Giuseppe de Pigociiis, 1532 – Chiesa di san Rocco – Coarezza )VA)

Il Bambino, a cavalcioni sulla sua spalla sinistra, è nudo e piuttosto piccolo: si tiene stretto ad una ciocca di capelli del santo, mentre con la mano destra ci benedice.

Evidente è il riferimento a san Cristoforo in quanto protettore dalla peste, insieme a san Rocco (titolare anche della chiesa) e a san Sebastiano (non raffigurato in questa parte della chiesa, ma importante per la cittadina: la chiesa parrocchiale è, infatti, dedicata proprio a san Sebastiano).

San Rocco dopo il 1980: santi contro la dittatura (san Cristoforo dal Cile)

Don Michele Barban, gli esuli cileni e i murales

Negli anni Ottanta, il parroco del paese, don Michele Barban, aiutò un gruppo di esuli cileni in fuga dalla dittatura di Pinochet. Tra loro c’era anche un artista maestro muralista che, come forma di ringraziamento per il parroco, affrescò le pareti della chiesa allora del tutto inutilizzate. Coinvolse i giovani di Coarezza nell’impresa secondo la filosofia tipica dei muralisti cileni.

I maestri muralisti cileni in Cile

Nel 1969, anche in Cile si svolsero delle manifestazioni contro la guerra in Vietnam: un gruppo di ragazzi usò i pennelli per scrivere con la vernice dappertutto la propria richiesta di pace. Dall’esperienza nacque un movimento di giovani che si improvvisarono artisti per sostenere la candidatura del socialista Salvador Allende contro il conservatore Frei. Diventato capo del governo Salvador Allende, non  disperse le energie giovanili dei cosiddetti muralisti, ma le utilizzò per diffondere ovunque il proprio messaggio, l’ideologia che guidava le sue scelte.  il Cile si riempì di murales che inneggiavano alla Riforma agraria, alla nuova rinascita culturale, all’industrializzazione del paese, allo sviluppo dei diritti civili., in particolare alla promozione della figura della donna.

I maestri muralisti cileni in Italia

Ma si preparavano tempi cupi per il Cile: nel 1973, con un colpo di Stato, salì al potere Augusto Pinochet instaurando un regime militare dittatoriale. Tutti i murales in Cile vennero distrutti ed i muralisti fuggirono dal Cile in paesi liberi, tra cui l’Italia. Il più famoso muralista che giunse in Italia fu Eduardo Mono Carrasco, anche musicista del gruppo musicale Inti Illimani historico.

In Italia questi artisti continuarono a fare quello che già facevano in Cile: dipingere e diffondere la loro sensibilità attraverso il lavoro collettivo dei murales. Un lavoro collettivo: i muralisti coinvolgevano gruppi di giovani e giovanissimi (spesso anche gli studenti delle scuole) e li guidavano nella realizzazione di coloratissimi murales.

Eduard Sanfurgo Lira, fra Ravenna, Adria e Coarezza

Così fece anche il nostro Eduard Sanfurgo Lira che lavorò a molti murales soprattutto in Emilia Romagna, dal momento che visse per molti anni a Ravenna.  Noto, anche perché recentemente restaurato, il mural che realizzò ad Adria, trasformando fatti locali (l’alluvione del Polesine, lo spopolamento di Adria, l’industrializzazione spinta degli anni ’60 e ’70) in avvenimenti simbolici universali.

Prima di giungere in Emilia, però, visse per un certo periodo a Coarezza, ospite del parroco, e realizzò questo mural che è qui sotto i nostri occhi. La signora Emma mi dice che alle Belle Arti non sono così contenti di questi dipinti ma che gli abitanti di Coarezza ci sono molto affezionati e li vogliono difendere!

uomo con frusta
Eduard Sanfurgo Lira – Mural – 1980 circa- Chiesa di san Rocco – Coarezza (VA)
esuli, croce e bambino
Eduard Sanfurgo Lira – Mural- 1980 circa- Chiesa di san Rocco – Coarezza (VA)

Sulla parete destra, prevalgono i colori freddi e scuri, a sottolineare la drammaticità della scena: il paesaggio è quello collinoso del Golgota e, sulla sommità della collina, si intravedono le croci già innalzate. Sulla destra una donna senza volto abbraccia un fardello (un neonato in fasce?): una sorta di Pietà. Nel cono d’ombra più scuro, sono dipinte braccia e mani torturate, trafitte, inchiodate ad una grande croce. Accanto alla croce un uomo con una veste tipica dei nomadi del deserto, con in mano un bastone a cui sia appoggia.

Al centro della cena, un uomo con una frusta: è uno degli uomini che hanno flagellato Gesù, con una veste che richiama i sacerdoti ebraici. Ma certamente l’uomo è un chiaro richiamo alla dittatura: sevizia, infatti, un essere colorato, emblema di vitalità ed allegria, riferimento probabile al popolo cileno, vittima della violenza di Pinochet e del suo regime.

In controfacciata, ancora all’interno del cono più scuro, un bambino nudo, indifeso, allunga le sue braccia verso la luce.

Eduard Sanfurgo Lira – Mural – 1980 circa- Chiesa di san Rocco – Coarezza (VA)
santi dietro la grata
Eduard Sanfurgo Lira – Mural – 1980 circa- Chiesa di san Rocco – Coarezza (VA)
Eduard Sanfurgo Lira – Mural – 1980 circa- Chiesa di san Rocco – Coarezza (VA)

Dalla parte opposta, sopra l’arcone che unisce la vecchia cappella con l’ampliamento più recente, ancora lo stesso essere colorato: sembra un toro, dai colori caldi e accesi. Sotto un candelabro a sette bracci.

Sulla parete attigua una griglia di ferro divide chi guarda da immagini sacre, che hanno lo stesso colore dell’essere colorato: al centro c’è la Madonna con il Bambino, a sua sinistra san Sebastiano nudo alla colonna, a destra eccolo lì il nostro san Cristoforo. Si intravedono il bastone, la capigliatura rossiccia e la barba. Sembra proprio l’interpretazione moderna dell’affresco nell’abside. In basso una rappresentazione del Padre Eterno. Davanti alla grata un uomo in abiti sacerdotali, con un cappello che sembra una tiara papale: è piegato su se stesso, non si capisce se con lo scopo di incombere su di noi (tenendoci lontani dall’incontro con Dio e i suoi santi) o ripiegato su se stesso perché colpito.

Uomini che come Gesù soffrono e allungano le mani verso la luce

Non tutti i simboli sono chiarissimi, ma il senso del mural mi sembra chiaro: la Passione di Cristo è anche la Passione di tutti gli uomini e ovviamente anche la Passione dei cileni che hanno dovuto lasciare la loro terra. Anche Dio, la Madonna e i santi sono come tenuti prigionieri dietro la grata. Nel mural ha molto spazio anche la denuncia dei colpevoli, spesso quelli stessi uomini di fede che dovrebbero tutelare i deboli ed invece li opprimono. Un chiaro messaggio di denuncia, ma anche un messaggio religioso, anche se dai toni anticlericali: c’è sempre spazio per la speranza, per i colori vivaci e solari che ‘bucano’ il nero e il grigio. E così quello che più colpisce è il bambino in controfacciata che tende le sue mani, sempre, con forza e determinazione, verso la luce.

Bibliografia

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