Wall in Art, The human condition di Gaia (2016)
Nel 2016 all’interno di Wall in Art (progetto promosso dal Distretto Culturale della Valle Camonica), l’artista newyorkese Gaia, realizza il murales THE HUMAN CONDITION, lungo la strada che passa a Monna (BS) e sale verso il passo del Mortirolo.
Non è la prima volta che troviamo san Cristoforo in un murales: lo abbiamo già visto a Milano – San Cristoforo sui Navigli e nella Chiesa di san Rocco a Coarezza. Qui ci troviamo di fronte ad un murales davvero ampio, in cui compaiono molte immagini, fra cui anche quella di san Cristoforo.
Il murales evidenzia la condizione umana del migrante vista attraverso diversi contesti storici e costituisce una sorta di promemoria empatico della necessità umana di migrare.
Alla domanda sul significato di questo lavoro, Gaia ha risposto:
Ho voluto creare un pezzo che parli della condizione umana della migrazione, dalle nostre origini fino alle scelte della politica di oggi su quel che sono i confini.

Chi è Gaia?
Gaia (nato a New York nel 1989) è un street artist che risiede a Baltimora; attivo in tutta gli USA, ha lavorato anche in Corea ed in altri stati. Ha scelto questo nome artistico, ispirandosi alla dea terra: soprattutto all’inizio della sua carriera, ha raffigurato animali, per sottolineare la sua connessione con la natura. Ha realizzato grandi murales, in diretto collegamento con le comunità locali, inserendo nei murales riferimenti storici e sociologici alla cultura locale. Tra contemplazione formale e attivismo, oggi indaga soprattutto la nozione di migrante attraverso l’arte, scandagliando la figura dello straniero, del turista, del rifugiato politico. Italiano di quarta generazione (il mio bisnonno era un emigrante veneto), ha riscoperto questa sua radice in occasione della realizzazione dei suoi lavori in Italia: a Roma nel 2015, a Pisa nel 2022 e, appunto, a Monno nel 2016.
Un murales per una strada battuta da molti
Il luogo scelto per la realizzazione del murales è davvero molto significativo: la strada che porta verso il passo del Mortirolo. Quella strada, oggi piuttosto laterale (rispetto alla più comoda del passo dell’Aprica), è stata battuta nella storia da molte persone: viandanti di tutti i tipi, mercanti, pellegrini, ma anche soldati ed eserciti (non da ultimo fu sede di guerra partigiana). Non è un caso che su una collina sorga la chiesa dei Santi Fabiano e Sebastiano, che ha sulla facciata un grande san Cristoforo, dipinto nel XVIII secolo, quando la sua fortuna era ormai scemata. La sua immagine qui ci testimonia la persistenza per la sua devozione.

P.S. Oggi la salita al Mortirolo è famosissima in quanto cima iconica del Giro d’Italia. Ed è proprio in occasione del giro del 2025, che Franco Risari mi ha fotografato il murales di Gaia.

The human condition (2016)
Torniamo all’immagine completa del murales e leggiamolo da destra verso sinistra, senza perdere il senso simmetrico e speculare dell’intera composizione.

Sullo sfondo delle Alpi, il murales si apre con un’immagine identitaria della Val Camonica, l’immagine di Cernunnos, una divinità celtica: simbolo del desiderio di vivere, della fecondità. Come dice la scritta: Cernunnos era lo spirito divinizzato degli animali maschi cornuti, un dio della fecondità e della natura selvaggia. è un simbolo dei popoli che abitarono la valle dalla preistoria.
Poi un’immagine di oggi: l’aeroplano che permette ai migranti di partire, per quel desiderio di vivere insito nella gente che emigra.
E di nuovo un salto nel passato. Gaia ha riprodotto l’iconica fotografia di Lewis Hine, un sociologo americano, che documentò le condizioni di immigrati e poveri nell’America del primo Novecento. Scattata ad Ellis Island nel 1906, l’immagine rappresenta una famiglia di immigrati italiani. Proprio come i tanti che lasciarono l’Italia fra fine Ottocento e inizio Novecento: dalla Val Camonica partirono in molti in cerca di fortuna.


Della fotografia di Hine, Gaia sceglie di raffigurare solo la donna che porta il bambino, quasi in controcanto con l’immagine seguente, che è per noi la più importante. Anche san Cristoforo, infatti, trasporta il Bambino.

Il santo è raffigurato in modo tradizionale (ma anche sorprendentemente nuovo): con la mano destra impugna il bastone del viandante, che non è fiorito, mentre il Bambino sta a cavalcioni sulla sua spalla, tenendosi forte alla fascia di Cristoforo. Anche qui un adulto con un Bambino in braccio: una coppia di migranti di ieri, ma anche di oggi. Il Bambino, infatti, è avvolto in un drappo d’oro, che tanto somiglia alle coperte termiche che vengono date ai migranti per evitare l’ipotermia. La coperta va a finire nell’oro con cui è realizzato il reliquiario di Carlo Magno, simbolo dell’Europa. Una raffigurazione, dunque, densa di simboli: un’allusione alle politiche migratorie dell’Europa, certamente un riferimento alle moderne migrazioni.
Il confronto con il passato continua: speculare all’aereo, è raffigurato un piroscafo: è lo SS Republic 1871, poi SS Città di Napoli. Era una nave che tra il 1902 e il 1906 fu usata per trasportare i migranti in America, Fu dismessa a Genova nel 1910, dopo essere utilizzata anche per ospitare le vittime del terremoto di Messina del 1908.
L’opera si chiude con un nuovo petroglifo, che rappresenta ancora la divinità della fecondità, ma ora è la divinità di un popolo di nativi americani, gli Hopi. E sul murales è scritto:
Sembra che il nuovo mondo non fosse così nuovo, dopo tutto. Kokopelli, petroglifo, divinità Hopi della fertilità


La chiusura di questa storia di ieri e di oggi è circolare: popoli antichissimi, con i loro culti di fecondità, si spostano per sopravvivere, caricando il luogo di arrivo di speranza, sempre alla ricerca di quello che per loro è un nuovo mondo, che è anche il vecchio mondo di altri: l’America dei nativi per gli emigrati italiani di inizio Novecento, l’Europa dei camuni per i nuovi immigrati di oggi in Italia, rappresentati dal santo che li trasporta e dal Bambino che viene trasportato. L’uomo è sempre l’uomo: in fondo in fondo ci assomigliamo tutti, vogliamo tutti le stesse cose e per queste siamo disposti a percorrere mezzo mondo.
Grazie a te che hai fatto una bellissima e interessante ricerca sul murales raccontandone la storia e il significato.
Complimenti!!
Evviva, Franco! Il nostro san Cristoforo ci fa scoprire sempre cose nuove!