La migliore opera che esista al mondo
l canonico Cristóbal Vega lo ha definito nel 1697 “la migliore opera che esista al mondo”. L’opera in questione è il San Cristoforo di Juan Martínez Montañés e ancora oggi incanta fedeli e visitatori nella Chiesa del Divino Salvatore della capitale andalusa.

Un artista figlio di Siviglia
Juan Martínez Montañés (1568-1649) nacque a Jaén, ma fu Siviglia ad adottarlo come suo figlio prediletto. Nella città sulle rive del Guadalquivir trascorse l’intera carriera, diventando uno dei più grandi maestri della scultura spagnola del Seicento.
Negli archivi sivigliani si conservano più di cento documenti che ne raccontano la vita, dal suo esame come maestro nel 1588 fino al testamento redatto dalla vedova nel 1655.
La recente riapertura della Chiesa del Divino Salvatore, dopo un accurato restauro, ha riportato al centro dell’attenzione proprio il suo San Cristoforo. La statua, un tempo collocata nel retablo, oggi si trova in una posizione più vicina al pubblico, permettendo a chi entra di incontrare lo sguardo possente ma dolce del santo viandante.
San Cristoforo, il patrono dei guantai
Era il 19 agosto 1597 quando la corporazione dei guantai di Siviglia decise di affidare a Montañés la realizzazione di una grande statua del loro santo protettore.
San Cristoforo, infatti, non era invocato solo contro la morte improvvisa: si riteneva che proteggesse anche dal panadizo, una dolorosa infiammazione delle dita, che colpiva facilmente chi lavorava il cuoio. E così, i guantai scelsero come patrono proprio san Cristoforo, santo traghettatore, ma anche taumaturgo.
Un contratto molto preciso

Il contratto stipulato davanti al notaio Gerónimo de Lara racconta nei dettagli la commissione: Montañés avrebbe dovuto realizzare un San Cristoforo in legno di pino di Segura, con il Bambino Gesù dello stesso materiale, montato su un piedistallo (peana).
Un dettaglio curioso: la statua doveva essere scavata all’interno, perché fosse più leggera durante le processioni e per evitare che il legno si fessurasse. Una soluzione tanto pratica quanto ingegnosa, che rivela l’attenzione dell’artista anche agli aspetti materiali del suo lavoro.
La nascita di uno stile nuovo
All’epoca della commissione, Montañés aveva solo 29 anni. Era un giovane scultore ambizioso. Conosceva il colossale san Cristoforo, il Cristobalòn della Cattedrale di Siviglia, a cui si ispirò per la sua scultura.

In quest’opera giovanile, Montañés è ancora influenzato dal maestro Andrés de Ocampo, come si nota nei riccioli vigorosi dei capelli e nelle forme potenti del corpo. Nei muscoli tesi del santo evidenti sono i richiami alle opere monumentali di Michelangelo.

Ma già si intravedeva la futura grandezza di Montañés: nel volto sereno e virile di San Cristoforo, nel peso spirituale del Bambino Gesù e nella tenerezza con cui il santo lo stringe al petto.
È un’arte che non si accontenta più di insegnare o ammonire: vuole commuovere, avvicinare, dilettare, che lo stesso Montañés chiamerà l’arte nuova di fare immagini.
Una mano che protegge
Se guardiamo alla raffigurazione del santo, notiamo che il santo indossa una veste tipica del Seicento, rimboccata in vita (e inserita nella cintura) e stretta sul ventre (che riempie l’abito, a sottolineare il gigantismo del santo). L’ampio mantello, che richiama la veste del Bambino, sta appoggiato sulle sue spalle, ma è gonfiato dal vento. Cristoforo tiene stretto nella mano destra un bastone, che termina in una palma piena di datteri. Interessante la posizione del Cristo che il santo quasi ostenta. Lo tiene fermo con la sua mano aperta: decisamente evidenziate, dunque, le dita della mano del santo, a rappresentare la parte del corpo che Cristoforo protegge. Se confrontiamo questa immagine con quella della cattedrale, notiamo ancora di più questa insistenza sulle dita della mano del santo.
Una scultura amata dalla città
Il San Cristoforo debuttò durante la processione del Corpus Domini del 1598, una delle feste più solenni della Siviglia barocca. Il municipio concesse ai guantai una sovvenzione di 30 ducati per sostenere la realizzazione della statua, riconoscendo così l’importanza pubblica dell’opera.
Negli anni seguenti, la corporazione visse momenti difficili: perse la sua cappella, rifiutò di trasferirsi fuori le mura e decise infine di fondare una confraternita dedicata a San Cristoforo, ottenendo un altare nella Chiesa del Salvatore, dove la statua di Montañés trovò la sua dimora definitiva.

Un capolavoro che parla ancora
Oggi, dopo un attento restauro curato dall’Istituto Andaluso del Patrimonio Storico (IAPH), il San Cristoforo di Montañés è tornato a splendere. La sua nuova collocazione, più vicina ai visitatori, permette di coglierne la forza spirituale e la sorprendente umanità.
Davanti a quella figura imponente, che regge il Bambino con la forza del corpo e la dolcezza del cuore, sembra davvero di capire perché, più di tre secoli fa, qualcuno osò definirla “la migliore opera del mondo”.
Bibliografia
- Archivo Histórico Provincial de Sevilla. 2008. El San Cristóbal de Martínez Montañés : Una Obra Maestra Documentada En el Archivo Histórico Provincial de Sevilla. [Sevilla]: Consejería de Cultura.
- El San Cristóbal de Montañés se muestra más accesible al público