San Cristoforo gigante inquieto
Lorenzo Lotto e il suo stile “inquieto”
Lorenzo Lotto, nato a Venezia nel 1480 e morto a Loreto nel 1556: nei due luoghi di nascita e morte sta già il paradosso, in quanto Lotto fu un pittore tra i principali esponenti del Rinascimento veneziano del primo Cinquecento, ma emarginato dalla Laguna per il suo anticonformismo viaggiò ed operò in zone periferiche, come Bergamo e le Marche.
Dalle opere di Lorenzo Lotto traspare la sua inquietudine, tanto che a proposito della sua opera si parla di un Rinascimento drammatico, espressivo, quasi emotivo, che si distacca dai canoni dell’armonia rinascimentale.
Ad esempio, nel 1512, Lotto dipinge una Deposizione su modello di Raffaello, ma con un forte impatto emotivo: la Madonna disperata, le espressioni cariche di dolore, il corpo di Cristo spostato con fatica da Giuseppe d’Arimatea e il pianto straziante di Maria Maddalena che si confonde con i suoi capelli.
Un altro esempio emblematico è la sua Annunciazione del 1527, dipinta a Venezia. Qui, l’angelo ha un gesto imperioso, Maria è spaventata, guarda verso lo spettatore anziché l’angelo, e il suo gatto scappa impaurito: una scena intensa, drammatica, lontana dalle Annunciazioni idealizzate del Rinascimento.


Eseguì i suoi due san Cristoforo nelle Marche.
Un nuovo volto per San Cristoforo
Nel Cinquecento, san Cristoforo non era più solo il protettore dei viandanti e dei pellegrini, ma veniva raffigurato anche come un santo taumaturgo, invocato in particolare contro la peste.
E così lo ha dipinto Lotto: per la chiesa di Castelplanio, vicino a Jesi e per la Santa Casa di Loreto, in una tela molto famosa.
San Cristoforo secondo Lotto: a Castelplanio
Nel 1531, Lotto rappresentò per la prima volta San Cristoforo nella chiesa di san Sebastiano a Castelplanio di Jesi, dove stava dipingendo uno dei suoi capolavori, Santa Lucia davanti al giudice.
Il quadro, presente in riproduzione a Castelplanio, ora si trova alla Gemäldegalerie di Berlino, acquistato nel 1821 dallo Stato di Prussia dal mercante inglese Solly. A Berlino è conservato anche un san Sebastiano, che apparteneva allo stesso polittico,

Il santo è rappresentato frontalmente, ma avanza faticosamente in diagonale verso la riva, volgendo lo sguardo al Bambino, che lo guarda a sua volta. Non è colossale, né muscoloso: sembra quasi schiacciato dal Bambino, oppresso da un peso incredibile e inverosimile. Qui non abbiamo l’impressione di un gigante che mostra la sua forza, ma di un uomo determinato a raggiungere l’altra riva a tutti i costi, mettendocela tutta.
Il Bambino ha appoggiata sul gigante una mano; l’altro braccio è in una posizione scoordinata, non armonica, enfatizzata. È anche evidenziato il contrasto dell’incarnato di San Cristoforo e del Bambino: il Bambino candido e bianco, il santo scuro.
San Cristoforo secondo Lotto: a Loreto
Nel 1535 circa, Lotto dipinge un’altra versione di san Cristoforo proprio per la Santa Casa di Loreto. Qui, San Cristoforo non è solo, ma affiancato da San Rocco e San Sebastiano: una triade taumaturgica contro la peste. Sono tre santi spesso raffigurati insieme: San Rocco perché è stato un appestato guarito, San Cristoforo perché è taumaturgo e San Sebastiano per la tortura delle frecce, che ricorda i bubboni della peste.

L’effetto taumaturgico è evidenziato anche da un particolare: in primo piano, sul cartiglio con il nome di Lotto, c’è un serpente. Questo serpente rappresenta l’elemento della guarigione: è il male vinto dal santo e richiama anche il simbolo della medicina di Asclepio. Si potrebbe darne un’altra interpretazione: sul cartiglio in cui si infila il serpente è indicato il nome del pittore, quasi a dire che Lotto si sente costantemente tentato dal male. Eppure il Bambino dalle spalle di Cristoforo sembra benedire proprio quel cartiglio (e attraverso esso il pittore e noi che guardiamo il quadro).
Il nostro santo è raffigurato come un gigante, con i suoi tratti ricorrenti: il Bambino sulle spalle, il bastone (ma non fiorito), l’attraversamento. Più che ad un gigante sovrumano qui ci troviamo di fronte ad un uomo che lotta contro gli elementi della natura per portare a termine con grande fatica il suo compito: il bastone non è fiorito, quasi a sottolineare l’incertezza del cammino e il procedere pesante (ma incerto) in mezzo alle difficoltà.
La composizione è piramidale: lo sguardo dello spettatore sale fino al Bambino che, ancora una volta appoggiato su San Cristoforo, rallenta il suo cammino. Il perizoma del Santo, che nella versione di Berlino era scuro, qui è chiaro.
Sullo sfondo il mare: il mare simbolico del peccato da cui san Cristoforo ci salva, ma anche un mare realistico, il mare Adriatico di Loreto, solcato da delfini che saltano e da imbarcazioni a vela.
Da Castelplanio a Loreto
Rispetto al San Cristoforo di Berlino, in quello di Loreto cambiano il colore del perizoma (da scuro a chiaro) e l’evidenza del contrasto fra incarnati. La presenza degli altri santi mette maggiormente in evidenza la statura colossale del santo.
Il mantello rosso e il colore giallo del perizoma riprendono un precedente dipinto di Lotto, La predica di santa Lucia.

Ma risulta evidente anche l’influsso di altre opere che Lotto conosceva, a partire dall’incisione di Dürer del 1511, che raffigurava un San Cristoforo con un enorme mantello svolazzante. Conosceva anche il san Cristoforo del Pordenone nella Chiesa di san Rocco a Venezia e il suo incedere dinamico. Un’altra fonte d’ispirazione fu certamente il San Cristoforo di Tiziano, affrescato nel 1523 nel Palazzo Ducale di Venezia. Lotto ne riprese la posizione e lo scambio di sguardi fra santo e Bambino.



Bibliografia
- Edoardo Villata, Lotto e Pordenone a Venezia: vite parallele (asimmetriche), in Lorenzo Lotto, Contesti, significati, conservazione, Zel edizioni, Università di Macerata, 2019
- Lorenzo Lotto nelle Marche
- San Cristoforo con il Bambino, san Rocco e san Sebastiano, a cura della Santa Casa di Loreto