- San Cristoforo a Castelplanio con e senza Bambino
- Soluzioni creative per San Cristoforo nelle Marche del XVII secolo
- Bibliografia
San Cristoforo a Castelplanio con e senza Bambino
San Cristoforo protettore dei pellegrini
A Castelplanio di Jesi (AN), la devozione per il san Cristoforo risale, almeno, alle origini medievali della cittadina, che sorge sulla sponda sinistra del fiume Esino, sulla via principale di comunicazione fra Ancona e Roma. Il luogo, già sosta sulle strade romane col nome di Hostaria, nel Medioevo era percorso da pellegrini e non è un caso che nel Quattrocento ci fosse una chiesa dedicata ai santi protettori dei pellegrini, san Giacomo e, appunto, san Cristoforo.
San Cristoforo di Lorenzo Lotto
La devozione al nostro santo si radicò ancora di più nel XVI secolo, collegata anche nella funzione taumaturgica del santo contro la peste. Ecco perché il comune commissionò la pala d’altare, probabilmente un polittico, a Lorenzo Lotto, artista veneziano molto amato nelle Marche, come ex voto per la scampato pericolo di una grave pestilenza. Il polittico doveva essere posizionato all’altare principale della quattrocentesca chiesa di san Sebastiano: raffigurava fra gli altri san Sebastiano e san Cristoforo.
Eccoli qui, i due santi protettori contro la peste, due sul polittico di Lotto; di san Sebastiano sono presenti nella chiesa molte altre immagini, come la pala ora sull’altare e la bellissima terracotta invetriata alla parete destra.

San Sebastiano contro la peste
San Sebastiano è un santo molto amato nelle Marche, proprio nella sua funzione di protettore contro la peste: la malattia è richiamata dalle ferite inflitte durante il martirio, da cui il santo guarì miracolosamente, per poi morire decapitato. La devozione al santo diventa un’espressione della richiesta di sopportazione del dolore e della speranza nella guarigione miracolosa.
San Cristoforo contro la peste
Forse per la stessa motivazione anche san Cristoforo diventò protettore dalla peste o forse questo patronato è la contestualizzazione della più generica protezione dalla morte improvvisa. Fatto sta che il nostro santo assunse anche questo compito, come è evidente dalla pala lottesca di Castelplanio (e da quella ancora più famosa di Loreto).
Conosciamo già le due raffigurazioni di Lotto.
In adorazione al Crocifisso: Claudio Ridolfi a Castelplanio
Ma l’amore per san Cristoforo continuò ancora. La cosa non è scontata, visto che Riforma e Controriforma contestarono la devozione al nostro santo, per la presenza eccessiva di elementi leggendari e superstiziosi
Il nostro santo compare ancora nella chiesa di san Sebastiano di Castelplanio in una tela di XVII secolo di Claudio Ridolfi, pur con un’iconografia sorprendente.

San Cristoforo è riconoscibile dalla statura colossale e dal bastone fiorito: manca il Bambino sulla sua spalle perché quel Bambino è il Crocifisso. In epoca di Controriforma, infatti, san Cristoforo diventa un fedele devoto, che si inginocchia davanti al suo creatore, battendosi il petto in segno di umiltà: ha perso le sue capacità taumaturgiche, ma rimane comunque un potente intercessore.
Claudio Ridolfi a Fossombrone
Claudio Ridolfi, dunque, inserisce san Cristoforo in un’immagine molto raffigurata nel corso del XVII secolo e da lui molto amata, la Crocifissione fra santi. Anche a Fossombrone, nella chiesa di san Cristoforo dei Valli, qualche anno prima il Ridolfi aveva raffigurato il nostro santo ai piedi del Crocifisso, anche se qui permaneva una raffigurazione piuttosto tradizionale del santo. I due soli elementi che spiccano per l’originalità (la mancanza dell’acqua e il bastone non ancora fiorito) sottolineano gli elementi realistici del cammino del santo, eliminando gli elementi maggiormente leggendari.

In entrambe le tele è possibile notare lo stesso paesaggio di sfondo con strutture architettoniche palladiane e il cielo nuvoloso dalle tinte fosche, su cui si staglia la luce del Crocifisso.
A Matelica, Ramazzani conosce Lotto (e influenza Ridolfi)
Da dove è venuta questa idea a Ridolfi? Perché ha cambiato l’iconografia del santo? Forse ha visto la Madonna con il Bambino e i santi Nicola da Tolentino, Caterina d’Alessandria e Cristoforo di Ercole Ramazzani: dipinta per la chiesa di Sant’Agostino a Matelica, cita il volto del san Cristoforo di Lotto a Castelplanio e propone la figura del gigante santo in ginocchio, in adorazione di Cristo Bambino. Sono gli Agostiniani a chiedere a Ramazzani una nuova immagine del santo: appunto non più protettore dei pellegrini (è in ginocchio, la sua verga non è utilizzata, i piedi non sono in acqua), ma sicuramente intercessore contro la peste (che recò angustia a Matelica negli anni in cui Ramazzani dipingeva la tela).

Soluzioni creative per San Cristoforo nelle Marche del XVII secolo
Nel XVII secolo sono molto diffuse queste tele raffiguranti un santo devoto, la cui vicenda viene spiritualizzata e privata degli elementi più evidentemente leggendari. Possiamo citare:
San Cristoforo in piedi senza Bambino: Giorgio Picchi, Urbania
Nella grande tela della cattedrale di Urbania, importantissima città per il culto cristoforico (in possesso di un’importante reliquia), Giorgio Picchi ha raffigurato, nel 1602, una Madonna del Rosario, su una nuvola in cielo.

Nella parte bassa del quadro, il nostro san Cristoforo, appoggiato al bastone, con indosso un veste ocra, si rivolge con sguardo adorante al Bambino che porge un Rosario a San Domenico. Un’immagine di san Cristoforo simile a quella dipinta da Gaudenzio Ferrari a Vercelli qualche anno prima.
San Cristoforo che porge il Bambino alla Madonna: a Isola del Piano

Un altro artista manierista, nello stesso periodo, offre un’altra immagine. San Cristoforo porge il Bambino alla Madre: la Vergine, in attesa con san Giuseppe, prende Gesù, che quasi si tuffa fra le sue braccia. Sullo sfondo un paesaggio collinare e architetture in rovina, a ricordare la caducità del mondo e la salvezza che viene da Dio. Abbiamo già visto qualcosa di simile a Portogruaro.
L’apparizione della Madonna di Loreto a san Cristoforo: Pietro Antonio de Pietri a Civitanova

Forse la soluzione più originale è quella adottata da Pietro Antonio de Pietri che dipinge un san Cristoforo rapito dall’apparizione della Madonna di Loreto. La soluzione del De Pietri riesce a soddisfare le esigenze sia del committente, Cristoforo Magni, sia il forte culto mariano-lauretano dei Cappuccini. L’iconografia del santo in estasi è davvero particolare e, a quanto ne so, unica.
Bibliografia
Essenziale per la stesura di questo post è il libro In viaggio con san Cristoforo di Mozzoni – Paraventi, Giunti 2000. Ne consiglio vivamente la lettura in quanto offre una panoramica su san Cristoforo, con un focus particolare sulle attestazioni nelle Marche.
