La Chiesa di San Cristoforo a Vercelli

Già nella prima metà del XII secolo a Vercelli era presente una primitiva chiesa dedicata a san Cristoforo, a testimoniare la diffusissima presenza del santo lungo la Sesia e, in particolare, qui a Vercelli (testimoniata anche dalla presenza a Vercelli di una ‘reliquia’ del santo, il dente di san Cristoforo, di cui parleremo).

La Chiesa di San Cristoforo fu ricostruita nel XV secolo dagli Umiliati per la famiglia Corradi di Lignana. Oggi è un vero gioiello: appena si entra, si viene subito catturati da un meraviglioso gioco di prospettive, creato attravarso architetture e trompe d’oil.

In fondo alla navata destra si trova la Cappella di Maria Maddalena, dove domina un grande affresco della Crocifissione. In fondo alla navata sinistra, si ammira invece un affresco con la Assunzione di Maria. Al centro, sull’altare maggiore, campeggia la celebre pala con la Madonna degli Aranci.

Madonna con san Cristoforo in primo piano
Gaudenzio Ferrari, La Madonna degli Aranci – Chiesa di san Cristoforo – Vercelli

La Madonna degli Aranci

Questa pala fu dipinta nel 1529 da Gaudenzio Ferrari, uno degli artisti più straordinari del Rinascimento piemontese. Rappresenta la Vergine con il Bambino, attorniata dai santi Cristoforo (di statura colossale e lungo bastone), Giovanni Battista (con in braccio l’agnello), Giuseppe (che veglia su Maria), Nicola (il santo vescovo di Mira, con in mano tre sfere d’oro) e due religiosi dell’Ordine degli Umiliati. A creare l’atmosfera intima e a dare eleganza alla composizione, Gaudenzio ha inserito nei tre registri degli angioletti: i due in basso suonano un liuto e un violino (sembra che questa sia la prima raffigurazione artistica di un violino), due si arrampicano sull’albero, due tengono aperto un drappo rosso per permettere a noi la visione della scena, i due più in alto leggono un cartiglio. Poi c’è un altro angelo, forse. Ma ci torneremo. Ora concentriamoci su San Cristoforo.

San Cristoforo e il gioco di Gaudenzio

Raffigurato come un giovane barbuto, robusto, di statura colossale, avanza appoggiandosi ad un bastone esageratamente lungo. Indossa una veste ocra con un mantello porpora foderato da un tessuto verde. Il suo sguardo, raccolto, si rivolge al Bambino che si trova nelle braccia della Madonna. Ecco allora che ci viene il sospetto che Gaudenzio abbia voluto giocare con noi: il bambino sulle sue spalle è il Bambino (con in mano il globo del mondo) oppure è un angioletto che tiene nelle sue mani una mela dell’albero? Che sia un effetto voluto? Oppure è una soluzione ad un problema che incominciava a porsi? Il santo, infatti, è tradizionalmente il portatore di Cristo, ma incominciano in questi anni fermenti di una nuova religiosità che comincia a sentire come strana e incongruente la presenza di due Bambini nella stessa pala d’altare, come abbiamo visto anche a Portogruaro.

Il bastone di san Cristoforo: guardiamo in alto!

C’è poi da notare quel bastone così lungo: non è solo un elemento di riconoscimento del santo, ma ha anche una funzione strutturale, in quanto guida lo sguardo verso l’alto, dove troviamo le famose “arance”. In realtà non sono arance, ma mele della Valsesia, terra natale del pittore. È un dettaglio curioso e commovente: Gaudenzio riporta nel suo dipinto un pezzo delle sue origini.

Gaudenzio Ferrari, Assunzione di Maria- Chiesa di san Cristoforo – Vercelli ph. Sailko
Madonna con san Cristoforo in primo piano
Gaudenzio Ferrari, La Madonna degli Aranci – Chiesa di san Cristoforo – Vercelli
Gaudenzio Ferrari, Crocifissione – Chiesa di san Cristoforo – Vercelli ph. Sailko

Questo movimento dello sguardo verso l’alto (suggerito dai gesti, dalle lance, dagli sguardi e –nella pala– proprio dal bastone di San Cristoforo) è presente anche negli altri affreschi della chiesa, accomunati anche da altri elementi, come la presenza costante della Madonna (in alto nell’Assunzione, al centro nella pala, ai piedi della croce nella Crocifissione) e Il coinvolgimento emotivo dello spettatore: ci sentiamo parte della scena, come gli apostoli che guardano la Vergine salire in cielo, o la folla ai piedi della croce

Nel dettaglio dell’Assunzione, si nota San Tommaso che riceve la cintura della Madonna – un elemento narrativo raro, tratto dal Vangelo apocrifo di Giacomo. Tommaso, come sempre, fatica a credere, e Maria gli dà una prova tangibile del suo rapimento in cielo. È un invito, anche per noi, a elevarci spiritualmente.

Nella Crocifissione, siamo tra la folla: possiamo riconoscerci nella Madonna addolorata, nelle pie donne, nei soldati indifferenti o nel piccolo bambino spaventato. Chi siamo noi in questa scena? Forse, in momenti diversi della vita, siamo stati tutti.

Il bastone di san Cristoforo: la salvezza

Un dettaglio affascinante è il ricamo sul bastone di San Cristoforo. Guardando bene, si notano due serpenti intrecciati: è il simbolo di Asclepio, il dio greco della medicina. A suggerirmelo è stato don Sergio, parroco della chiesa. Il messaggio è chiaro: la Madonna è Salus, salute e salvezza per l’umanità. E anche San Cristoforo diventa un santo guaritore, taumaturgo, protettore da malattie, soprattutto dalla peste.

Ma le sorprese non sono ancora finite: guardiamo il soffitto della chiesa e ancora troveremo il nostro san Cristoforo.

Nel Settecento, nella chiesa di san Cristoforo, lavorarono i fratelli Giacomo Antonio e Antonio Francesco Giovannini da Varese e Francesco Maria Bianchi da Velate, i quali rinnovarono in stile barocchetto la volta e le pareti della chiesa (ad esclusione, ovviamente, delle pareti affrescate da Gaudenzio Ferrari nel Cinquecento. Sulla crociera lavorarono in particolare allo scopo di creare nuove prospettive illusionistiche, simulando archi, capitelli e cornicioni. Sulla parete dell’organo e sulle pareti laterali raffigurarono in medaglioni le storie di San Cristoforo, realizzate dal Bianchi mediante tecnica bicroma sulla tonalità del verde acqua, e incorniciate da composizioni floreali dei Giovannini.

Abbiamo già visto altri cicli della vita di san Cristoforo:

Ricostruiamo l’ordine del racconto della biografia del santo, secondo il racconto della Legenda Aurea

Cristoforo si mette al servizio del re
Cristoforo al cospetto del re – Chiesa di san Cristoforo Vercelli – ph. Franco Risari
San Cristoforo porta il bambino sul fiume
Cristoforo porta il Bambino – Chiesa di san Cristoforo Vercelli – ph. Franco Risari
Una formella grigia su grigio con san Cristoforo tra i soldati
san Cristoforo catturato dai soldati – Chiesa di san Cristoforo Vercelli – ph. Franco Risari
Cristoforo fra le due donne tentatrici
Cristoforo in carcere – Chiesa di san Cristoforo Vercelli – ph. Franco Risari
Una freccia torna nell'occhio dell'arciere
Cristoforo colpito dalle frecce – Chiesa di san Cristoforo Vercelli – ph. Franco Risari
Grigio su grigio Cristoforo viene decapitato
san Cristoforo decapitato – Chiesa di san Cristoforo Vercelli – ph. Franco Risari

Sopra il presbiterio, è infine dipinta dal Bianchi si esprime una Gloria policroma di San Cristoforo, dove il Santo compare nuovamente con la sua verga fiorita: stranamente le foglie sono d’ulivo e non di palma, simbolo del martirio, come prevede l’iconografia classicа.

San Cristoforo in paradiso con in mano il suo bastone contempla Dio faccia a faccia
Il Trionfo di san Cristoforo – Chiesa di san Cristoforo Vercelli – ph. Franco Risari

Bibliografia

  • sulla Madonna degli Aranci: doppiozero
  • Paolo Triolo, Gli interventi decorativi settecenteschi nella chiesa di San Cristoforo di Vercelli, in Bollettino della Parrocchia di San Cristoforo, 2003.

grazie a Franco Risari